Hikikomori, ovvero la vita in una stanza. La vita trascorre in una stanza, dove le…
Figli che uccidono i genitori: quando non si sopravvive al conflitto
Ferrara, 10 gennaio, un 16 enne fa uccidere la madre e il padre da un amico: questa è una delle ultime tragedie familiari, consumate a colpi di scure, che ha scioccato l’Italia (www.ilrestodelcarlino.it).
Purtroppo Riccardo e Manuel non sono gli unici adolescenti scoppiati una furia omicida. Riccardo non è l’unico figlio ad aver progettato e portato a termine l’uccisione dei propri genitori: prima dei ragazzi ferraresi, i casi più noti sono quelli di Ferdinando Caretta che uccise madre, padre e fratellino; Pietro Maso che uccise i genitori con la complicità degli amici per ottenerne l’eredità; Erika e Omar, la coppia di fidanzatini che uccisero la mamma e il fratellino di lei per conquistare una libertà negata (it.blastingnews.com).
I motivi di queste violente esecuzioni appaiono assurdamente futili, folli, non bastevoli a giustificare tanto odio. Un brutto voto a scuola, il divieto di farsi un piercing, il divieto di vedere il fidanzato, che ordinariamente generano litigi tra genitori e figli, nell’immaginario collettivo non possono rappresentare la ragione di un omicidio, la ragione di un sanguinoso complotto contro madre e padre.
Ritornando al caso di Ferrara, la decisione di uccidere sarebbe stata presa nel pomeriggio precedente al massacro. “Riccardo ha detto di aver avuto l’ennesima discussione per la scuola, di non poterne più di sua mamma e di suo papà, che voleva farli fuori perché non sopportava più tutte le loro imposizioni“. Queste le parole di Manuel che ripercorrono le dinamiche di una scelta tanto drastica (www.ilgiornale.it).
La testimonianza, come nei casi citati precedentemente, sottolinea quanto un movente concreto non esista nel massacro della villetta di Ferrara. Dalle indagini, dai racconti, dalle parole degli stessi indagati emerge un “sottile” malessere covato in famiglia, un malessere che può svilupparsi in qualsiasi famiglia e che, talvolta, può scoppiare in modo violento e apparentemente irrazionale.
Secondo una lettura maggiormente “psicologica”, il voto, il divieto, la singola imposizione, rappresentano solo dei fattori “precipitanti”, ma non la vera causa dei delitti. Dietro i complotti, l’odio, la decisione di uccidere e l’omicidio stesso, c’è sempre una relazione tra genitori e figli danneggiata, logorata da silenzi, da una comunicazione disfunzionale, fino al raggiungimento di un profondo disprezzo.
La storia di Riccardo e Manuel, come quella di coloro che li hanno preceduti, possono rappresentare l’espressione più oscura del disagio familiare odierno, un disagio che getta le sue basi nei cambiamenti culturali, sociali ed educativi, che hanno sostanziato l’evoluzione della famiglia contemporanea.
I meccanismi economici e sociali attuali hanno determinato una specifica riorganizzazione familiare: la prospettiva di divenire autonomi dall’accudimento materiale dei genitori si allontana nel tempo, si rimane a casa anche dopo i 30 anni, età in cui l’essere ancora nel ruolo di figlio dipendente può assumere delle coloriture patologiche. D’altra parte gli adolescenti rappresentano il target privilegiato del business. La costrizione nella dipendenza sembra essere “addolcita” dall’acquisto, dal consumo di prodotti commerciali (www.secoloditalia.it). “Avere” sembra quindi uno dei pochi modi per individuarsi, per esercitare una parvenza di potere in una società che non riesce a promettere percorsi di crescita lavorativa, economica e relazionale che combaciano con i ritmi dello sviluppo fisiologico. Le decisioni dei genitori, dunque, rappresentano un filtro determinante per la soddisfazione dei propri desideri. Quando i desideri non vengono soddisfatti e cresce la frustrazione, i genitori possono essere visti come nemici, come un ostacolo da abbattere così da poter raggiungere il piacere.
Su tali dinamiche, vissute e proposte in maniera più meno intensa nell’ambito della relazione genitori/figlio, naturalmente, si possono poggiano le difficoltà caratteriali e relazionali specifiche di ciascuna persona.
Secondo una ricerca condotta dal “Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei confitti di Piacenza” esistono delle categorie di adolescenti più a rischio di sviluppare sentimenti e comportamenti violenti verso i genitori (www.donnamoderna.com).
Tra questi “i ritirati sociali”, ovvero coloro che si rifugiano nel web. Questi adolescenti trovano nella realtà virtuale l’unico luogo in cui esprimersi, relazionarsi, esistere. In tale mondo, che diviene completamente sostitutivo, tutto sembra più veloce, rispondente alle proprie richieste e i limiti che si possono riscontrare possono essere cancellati con un semplice click. È proprio tale sostituzione del reale con il virtuale che nasconde un altissimo disagio individuale che può manifestarsi con sintomi comportamentali e psichici di diversa entità e gravità.
Un altro gruppo di adolescenti a rischio sono coloro che “non sanno litigare”. Il ragazzo che non sa reggere il conflitto con i genitori può trasformarsi improvvisamente in un soggetto pericoloso, in virtù della propria difficoltà a tollerare i contrasti, poiché li vive come una minaccia insostenibile. Questa tipologia di adolescenti non riesce a gestire la rabbia e ad esprimere la litigiosità, probabilmente per il fatto di avere avuto una storia di problemi educativi.
Il conflitto con i genitori, la gestione di tale conflitto, rappresenta un passaggio fondamentale, da un punto di vista evolutivo, nella crescita adolescenziale. Lo scontro e la successiva negoziazione, infatti, porta l’adolescente a costituire la propria identità, a crescere e a separarsi dalle proprie figure d’accudimento. Il vero problema, pertanto, non è connesso all’espressione di sentimenti e opinioni contrastanti, bensì all’assenza delle risorse emotive ed educative necessarie per gestire e risolvere i conflitti.
Come procedere
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A conclusione di tale fase consulenziale, sia in Presenza che On-Line, sarà definito quanto emerso nel corso del lavoro e, eventualmente, saranno focalizzati gli obiettivi per l’avvio di una Psicoterapia, la quale potrà essere Individuale, di Coppia o Familiare.
Chiedere aiuto è un segno di forza e, soddisfare i tuoi bisogni psicologici, equivale a compiere il più importante atto d’amore che possa fare verso la tua persona, ancor prima che per coloro che condividono la loro vita con te.